Dagli altri spesso ti senti dire: “Prenditi un’ora libera tutta per te”. Al che io replico: “E poi chi pensa a mio marito, al fatto che se non ci sono, anche per un solo minuto, tutto crolla!”

Sono pillole di quotidianità quelle che si ascoltano agli incontri tra lo psicoterapeuta e i caregiver del Parkinson Cafè, in prevalenza famigliari che con tenacia, amore e forza d’animo si prendono cura del proprio caro. “Ma non è facile; il rischio di annullarsi – come racconta il Dott. Matteo Pigato, psicoterapeuta della realtà di counselling “To Mind” che segue il percorso al Cafè – è sempre dietro l’angolo”.

“C’è un grande bisogno di condivisione – afferma il dottore -. Siamo partiti un po’ in sordina ma poi il desiderio di confrontarsi e condividere è stato forte e i numeri sono cresciuti incontro dopo incontro. E anche quest’ora passata insieme diventa un modo per evadere dalla routine quotidiana e rigenerarsi”.

Qui i famigliari capiscono di non essere soli. Parlano la stessa lingua che poi è quella degli stessi bisogni, delle medesime preoccupazioni, del desiderio, soffocato, di trovare un piccolo spazio tutto per sé. Ed è proprio da qui che si parte, dalla necessità di ritagliarsi uno spazio tutto per sé nella giornata, un’ora per una passeggiata, per la spesa tranquilla, per una seduta dal parrucchiere, per un caffè con le amiche. Ma come fare?

Progettare è la parola chiave

La giornata deve essere programmata in funzione dello spazio che si desidera e si può ottenere. E’ sicuramente difficile. E altrettanto sicuramente ciascun famigliare dovrà imparare a gestire il senso di colpa che lo attanaglia nel momento in cui decide di staccarsi…. seppur per un’ora. Ma è un passaggio fondamentale e necessario per rigenerarsi e trovare le forze per affrontare la giornata in modo positivo.

Amici dove siete?

Come per magia sembra che il Parkinson allontani gli amici che un tempo erano soliti frequentare le nostre case. Ci si sente soli. Vengono meno anche quei momenti di piccolo svago quotidiano che rompono la routine. Improvvisamente – raccontano gli ospiti – il viavai che animava la casa prima della malattia a poco a poco si spegne. Ed in effetti quando vengono a trovarci non sanno cosa dire, come comportarsi, si sentono inadeguati e poi non vengono più”.

Anche in questo caso, durante gli incontri si cerca di far capire ai caregiver quanto sia fondamentale condividere con gli amici di sempre l’importanza della visita, dello stare insieme per un caffè. In questo modo si attiva il senso di responsabilità dell’amico e lo si rende partecipe della relazione.

Gestire la rabbia

Tutto questo correre, questo essere sempre a disposizione del proprio caro, il fatto di non avere MAI un break non passa inosservato al nostro fisico e alla nostra mente. Anzi va a confluire in un sentimento di rabbia che non fa bene a nessuno: al caregiver che si ritrova privo di energie positive da utilizzare per l’assistenza; al malato che in qualche modo deve subire una relazione non serena. La cosa importante è cercare di chiarire eventuali malintesi o screzi quando non si è arrabbiati. Spiegare le proprie ragioni e saper accettare che l’altro possa non capirle. In questi casi, a volte, un evento esterno, come un’assenza obbligata da casa, può aiutare a rivedere le abitudini, a capire che ci si può assentare da casa e il mondo non crolla.

“Le caratteristiche di una personalità incontrano la malattia di Parkinson e ogni malattia”, ovvero se il nostro compagno di vita è sempre stato disordinato/ordinato, irascibile/tranquillo, autonomo/dipendente questo non cambierà con la malattia e dobbiamo sempre tenerlo presente.

Cosa mi manca di piùParkinson

A volte ciò che manca si traduce in azioni semplici, ma sicuramente complesse da mettere in atto nella routine quotidiana. La cosa fondamentale è farle emergere, scriverle su un foglio, condividerle con un proprio caro che possa aiutare il progetto a diventare realtà!