Difficoltà a svolgere attività quotidiane semplici, difficoltà a trovare le parole, segnali di confusione, fino all’apatia. Tanti sono i segnali cui prestare attenzione per intercettare un eventuale inizio di declino cognitivo. Il ruolo decisivo di chi ruota intorno alla persona, il caregiver o il famigliare.

E nell’incontro “Il declino cognitivo è inevitabile?” che si è tenuto sabato 19 maggio al Parkinson Café grazie alla collaborazione della dottoressa Franca Silvestri, Dirigente Psicologa presso l’Aulss n. 7 Pedemontana dell’Unità operativa Non Autosufficienza del Servizio di Neuropsicologia, si è cercato innanzitutto di fare chiarezza, Perchè se il declino cognitivo può interessare anche il malato di Parkinson è anche vero che può coinvolgere anche persone a noi vicine non colpite dalla malattia e per questo è importante per tutti noi imparare a riconoscere i sintomi per riportali al medico di Medicina Generale e allo specialista e da qui intraprendere le azioni ed accertamenti necessari e più appropriati.

L’invecchiamento fa parte della vita.

Laddove un invecchiamento sano è una condizione naturale, l’invecchiamento patologico può riservare una serie di manifestazioni, tra cui il declino cognitivo, che meritano attenzione.

La domanda più frequente di fronte al declino cognitivo è: “Come posso capire che siamo in presenza di questo disturbo? Quali sono i segnali?”

Come ha spiegato la dr.ssa Silvestri “I segnali possono essere di intensità diversa in base all’evoluzione del declino, ma l’attitudine fondamentale è prestare attenzione, non trascurare eventuali segnali, non ritenere normali comportamenti che prima non c’erano. Se una vicina di casa che si è sempre vista attiva e curata nella sua persona inizia a chiudersi in casa e ad apparire trasandata nell’aspetto è un campanello d’allarme. E quando non ci sono famigliari intorno risulta importante il ruolo dei vicini che possono far presente il comportamento alla famiglia”.

Vediamoli da vicino allora alcuni esempi di questi segnali:

I SEGNALI I – FASE INIZIALE:

  • Perdita di memoria. In particolare difficoltà a ricordare i fatti recenti. I familiari potrebbero accorgersene. (L’amnesia occasionale non è preoccupante!)
  • Difficoltà nello svolgimento di attività quotidiane. Ad esempio la persona potrebbe dimenticare di servire il pasto preparato o di averlo cucinato. Difficoltà in attività semplici come vestirsi
  • Disturbi del linguaggio. In fase iniziale i deficit linguistici sono caratterizzati dalla difficoltà nel ricordare parole, detti ed espressioni.

I SEGNALI II

  • Segnali di confusione. Alterazioni dei parametri spazio-temporali. Es. difficoltà nello stabilire una collocazione temporale agli eventi. Potrebbe essere lieve, come mangiare o dormire negli orari sbagliati, ma anche portare all’inversione del ritmo sonno/ veglia. Il disorientamento spaziale riguarda dapprima la difficoltà ad orientarsi soprattutto in ambienti nuovi.
  • Potrebbe riporre gli oggetti nei posti più impensabili. Per esempio, potrebbero conservare il borsellino nel freezer e il coperchio del thermos nel seminterrato.
  • Deficit del pensiero astratto e delle capacità di critica. Ad esempio potrebbe perdere la capacità di calcolo.

I SEGNALI III

  • Anche l’apatia è un segnale. La persona non ha più voglia di uscire, di frequentare i posti abituali, di partecipare alle attività che apprezzava, di vedere la gente che incontrava. La perdita di interesse è evidente. A questa si può aggiungere scarsa igiene personale e difficoltà nello svolgere le normali attività quotidiane.
  • Potrebbe riporre gli oggetti nei posti più impensabili. Per esempio, potrebbero conservare il borsellino nel freezer e il coperchio del thermos nel seminterrato.
  • La persona potrebbe presentare comportamenti eccentrici e insoliti.

Il caregiver può sicuramente fare molto e un caregiver o un famigliare attento a questi segnali possono fare la differenza nella qualità di vita del proprio caro, nell’intercettare e riconoscere i segnali e nello stimolare la persona a mantenere o ad acquisire dei buoni e sani comportamenti per contrastare/rallentare l’esordio del declino cognitivo.

Come ha spiegato la dr.ssa Silvestri “Ciascuno di noi ha una riserva cognitiva ovvero l’insieme di tutto ciò che viene acquisito, appreso, nel corso di tutta la vita sulla base di tutte le esperienze vissute. Essa non previene la demenza ma può ritardare i segni clinici, facilitare l’adattamento e la flessibilità ed è sicuramente una riserva speciale che cresce con le esperienze di vita”.

A questo proposito sono tre le attività fondamentali per che possono aumentare tale riserva:

  1. AUMENTARE  LE RELAZIONI SOCIALI
  2. INTENSIFICARE L’ESERCIZIO MENTALE – ad esempio imparare a suonare uno strumento musicale, imparare una lingua o un’attività artistica
  3. INCREMENTARE L’ATTIVITA’ FISICA – ad esempio il cammino quotidiano, lo yoga o altre attività motorie, anche il ping pong

Abbiamo visto molto interesse da parte degli ospiti e dei famigliari intervenuti all’incontro. afferma Giovanna Mastrotto Presidente della Fondazione Silvana e Bruno – In questa occasione abbiamo cercato di affrontare un tema molto sentito dalle famiglie, non soltanto dei nostri ospiti colpiti dal Parkinson ma in generale da chi convive la vita con un anziano. Il nostro obiettivo è che al termone dell’evento il famigliare o il caregiver possa portare a casa informazioni pratiche di utilità perchè i famigliari sono le persone che possono concretamente intercettare i sintomi del disagio e riportarli al medico e successivamente aiutare a mettere in pratica le buone abitudini per mantenere uno stile di vita attivo non solo dal punto di vista fisico ma anche emotivo e relazionale. Il loro è un ruolo fondamentale”.